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giovedì 22 aprile 2010

Liberale? e che significa Liberale?*

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venerdì 10 aprile 2009

Qualcosa di nuovo da Occidente


Dopo la prevedile batosta presa da McCain alle elezioni presidenziali di novembre, e il conseguente insediamento al poter del uomo che piano piano sale la mia personale classifica delle maggiori calamità accadute all'umanità, il GOP cerca di voltar pagina eleggendo come chairman del Rupublican National committee (in politichese italiano : segretario di partito) Michael Steele, un cinquantenne pro-choise, pro-gay e mercatista. Perdipiù nero. O se preferite, molto abbronzato.
E non solo, ha anche affermato in un intervista di considerare l'aborto una scelta individuale, da non sottoporre al potere dello stato. E sentire dire questo da un repubblicano cattolico osservante non è sentire poco. Lui si dichiara sostenitore delle idee di Reagan, e con coerenza ha bacchettato i tre senatori repubblicani che hanno votato a favore al pacchetto di stimoli all'economia promosso da Obama. e con una mossa tutta americana, ha consigliato ai tre dissidenti di sottoporsi alle elezioni primarie nei rispettivi stati, giusto per controllare se i loro elettori fossero d'accordo con le loro decisioni.

Ovviamente non corre vita facile il buon Michael. Alcuni maligni sostengono che sia stato eletto solo per via del colore della sua pelle.

E da buon repubblicano, Steele sostiene il maggior decentramento possibile agli stati dell'unione, per garantire la maggiore competitività tra essi. Proprio nel periodo dove Obama cerca di accentrare più poteri possibili al governo federale.

Non ho ancora trovato informazioni riguardo l'idea di politica estera di Steele. Se quest'uomo è anche favorevole all'isolazionismo beh, il GOP, tra lui e Ron Paul, ha buone change di giocarsela con Obama nel 2012, senza essere certi di una sconfitta assicurata.

Belin, come posso non ammirare (ancora moderatamente, il tempo darà conferme o smentite) colui che sostiene che la strategia di rilancio per il Partito Repubblicano deve essere basata sui principi del liberalismo classico?

lunedì 6 aprile 2009

Contro l'egualitarismo dell'era moderna


Non ho intenzione di scrivere di cosa è accaduto oggi in Abruzzo.
Ho ancora il vago senso di schifo per aver sentito da più persone esclamazioni tipo "con la ricostruzione aiuteranno l'economia". E non ho neanche citato Bastiat.

Parlerò a proposito di un argomento letto su un altro blog, Venetia Libertarian.
Parliamo della libertà di discriminare, che lo stato, in nome del egualitarismo buonista, cerca di estirpare per controllarci meglio.
Partiamo dal caso citato da V.L : un ivoriano di 37 anni escluso da un coro alpino per via del colore della sua pelle. si sentono levare grida di sdegno, molto probabilmente da parte di radical-chic e di ragazzi dei centri sociali
Piccola considerazione pratica : come giustamente citato in V.L il coro alpino è un'associazione privata. Detto ciò dovrebbe essere inviolabile la sua libertà di decidere chi entra e chi no. Come dovrebbe essere inviolabile la stessa libertà di discriminare per tutti i proprietari di "locali pubblici", che come ho già detto, tanti pubblici non sono. Perchè alla fine, tutti noi decidiamo chi può entrare o meno in casa nostra. C'è chi usa criteri razziali (non voglio negri in casa mia!), chi religiosi (provate a farvi invitare a casa di un testimone di Geova), chi politici. Ma è nel loro diritto, in casa propria ognuno è padrone. E dovrebbe essere cosi anche per chi gestisce un locale. In caso imponesse limitazioni alla clientela pageremme "il prezzo della discriminazione". La clientela esclusa si trasferirebbe in locali a loro aperti, portando li i loro soldi. Anche gli imprenditori dovrebbero avere la libertà di discriminare, assumendo (o non assumendo) in base a critire sessuali, religiosi o etnici. Anche in questo caso pagherebbe il costo della discriminazione, magari escludendo i lavoratori più capaci e assumento degli inetti, ma maschi, bianchi e timorati di Dio.

Ma devo fare un precisazione, quello che ho scritto non giustifica per nulla le politiche di Hitler nei confronti degli Ebrei. Se difendo la libertà di discriminare del cittadino, non giustifico per nulla l'imposizione statalista e totalitaria dei nazisti, che imposero ai commercianti "ariani" l'obbligo di non concludere affari con cittadini ebrei. Se nel caso del commerciante che decide di discriminare l'unico a pagare questa decisione è il commerciante stesso, nel caso dell'imposizione statale pagano tutti.


sabato 28 marzo 2009


Aria di elezioni europee. E per i partiti italiani, un voto che ha la funzione di verifica dell'operato del governo. Ma non parlerò di questo. Parlerò di un partito francese. Un partito liberale francese, Alternative Libérale. Un partito coerentemente liberale in tutti i campi, con tendenze libertarie, in contrasto sia ai socialisti che ai conservatori del UMP. Che di questi tempi non è poco.
Personaggio principale di AL è la ventottenne Sabine Herold soprannominata dalla stampa "Mademoiselle Thatcher", divenuta famosa oltralpe per aver organizzato nel 2003 una protesta con 80000 partecipanti contro lo sciopero dei mezzi pubblici organizzato dai sindacati che stava paralizzando la Francia.
A livello di voti la situazione di AL è paragonabile a quelli del PLI (ok, i programmi sono diversissimi, ma era giusto un paragone); alle elezioni legislative del 2007 AL presenta 50 candidati (la francia ha un sistema maggioritario a doppio turno) che ottengono risultati scadenti, tra lo 0,09% e 1,49%.
Alle prossime elezioni europee è candidato per AL anche un italiano, il pisano Marco Faraci (di cui ho pubblicato su questo blog un suo articolo qualche settimana fa).

Sarà che l'erba del vicino è sempre più verde, ma in bocca al lupo Marco!

giovedì 26 marzo 2009




Alla fine i catto-statalisti sono riusciti nel loro intento, evitando agli individui la possibilità di decidere loro stessi cosa fare della propria vita in caso di stato vegetativo.

Oggi in Senato è passato il ddl Calabrò su testamento biologico con 150 voti favorevoli (Pdl,Lega e Udc), 123 contrari (Pd e Idv) e 3 astenuti.
Grazie anche all'emendamento del senatore Fosson, il testamento biologico non sarà più vincolante, ma sarà necessario il parere ultimo del medico. Questo, assieme al divieto di alimentazione di idratazione artificiali, rende il "testamento biologico all'italiana" un'enorme inutilità. Perdipiù costosa, in quanto il documento deve essere notificato da un notaio, comportando spese per i cittadini.

Per toccare il fondo, l'abbiamo toccato. Ormai è legge dello stato il fatto che non siamo proprietari del nostro corpo, e di conseguenza le nostre volontà non sono vincolanti.

Cercando un lato positivo in questa vicenda, e bisogna essere molto ottimisti, si potrebbe dire che queste leggi stataliste possono fare in modo che la gente comune si avvicini alle idee liberali, alquanto sconosciute in questo paese. Bisogna fare presto, in quanto anche la sinistra radicale si muoverà in questa direzione. E la storia ha insegnato benissimo come la sinistra radicale nasca da un'idea di statalismo totalitario, qualsiasi nome essa porti.

mercoledì 25 marzo 2009

I Vizi sono il futuro del mondo libero, stato permettendo.


Tempi duri per gli amanti del vizio. Vuoi concederti il piacere di una sigaretta? Lo stato ci mette parola, cercando di evitarlo, ma lo fa per il tuo bene. Vuoi farti una bella mangiata e magari mettere su qualche chilo. Anche qui lo stato ci mette parola, ma sempre per il tuo bene. Vuoi bere alcol? Vedi sopra.

Nel terribile mondo descritto da Orwell in 1984, lo stato si occupa direttamente della salute dei suoi sudditi, ma almeno gli permette di fumare, e di bere gin. Da queste parti, è un pò più difficile.
Nella sua ormai decennale battaglia contro il tabacco, lo stato è riuscito a far passare i fumatori come dei pericolosissimi "untori", feccia della società. Vuoi fumarti una sigaretta in treno? Non puoi, carrozze fumatori abolite. In molti aeroporti fatto il check-in non si hanno aeree dove fumare è permesso. E se per caso l'aereo ha qualche ritardo in partenza, attenderai ore e ore prima di poterti accendere una sigaretta. Gradiresti fumarti una sigaretta e berti una pinta, magari senza alzarti dalla sedia del pub? Se hai fortuna ti trovi in uno dei pochi locali con sala fumatori... se no fuori, e allo stato non importa se è il 15 gennaio e ci sono -2, oppure se piove.

Vuoi bere qualcosa in un locale? Fallo prima delle due del mattino. Oppure fatti furbo e comprati delle bottiglie al supermercato e tienile in macchina.

Sembra essere diventato compito dello stato proteggerci da noi stessi, dai nostri gusti. Ed ecco le battaglie anti-fumo, dove tante statistiche mostrano quanto faccia male il tabacco, nascondendoci che il fumo contrasta l'insorgere del morbo di Parkinson e del morbo di Alzahimer. Battaglie anti-tabagismo costosissime, ovviamente pagate con i soldi dei contribuenti, con risultati pessimi, in quanto i fumatori non solo non diminuiscono, ma tendono ad aumentare. Ma i tabagisti non sono le uniche vittime, ora lo stato ha intenzione di attaccare anche le persone grasse, i fan di bacco, tutti considerabili mostri per la società.

Dal punto di vista "filosofico" lo stato pretende che noi non nuociamo a noi stessi in quanto andremmo a colpire l'intera collettività, rovinando un tassello (noi stessi) della società.
Ma sul nostro corpo noi siamo padroni. Se vogliamo rovinarlo, se vogliamo fumarci due pacchi di sigarette al giorno, bere una bottilglia di grappa dopo cena, mangiare male e diventare delle palle di lardo, noi abbiamo il diritto di farlo, finche non danneggiamo un'altro individuo.

E con quali armi ci attacca il leviatano? Colpendoci il portafoglio, traendone un utile dai nostri vizi; diffamando (sempre con i nostri soldi) i nostri vizi; impedendoci di praticarli in determinati luoghi (i cosidetti "locali pubblici" come ad esempio i bar, ristoranti, dove le campagne nazi-salutiste statali violano il concetto di proprietà dei proprietari. Si chiamano locali pubblici, ma sarebbe meglio definirli "locali privati aperti al pubblico" ma chi li possiede e paga le tasse per essi, ci investe tempo e denaro non ha il diritto di decidere se in quei locali si possa fumare o meno); prossimamente ci sarà il divieto di fumo per strada, di questo passo. E da li, è breve il passo che ci porterà il divieto di fumo nelle dimore private.

Non si tratta di un vizio, ma è esempio di come lo stato non ci consideri capaci di decidere per noi stessi, l'obbligo di indossare la cintura di sicurezza mentre si è in macchina.
E qui crolla il concetto di "non devi dannaggiare gli altri". In caso di incidente dove l'automobilista (o un passeggero) non indossi la cintura di sicurezza, e si provoca delle lesioni, chi è il danneggiato? Colui che non ha indossato la cintura di sicurezza. Ma è una decisione individuale, ed è lui stesso il danneggiato. Ognuno dovrebbe avere avere la libertà, in quanto padrone di se stesso, di prendere qualsiasi decisione che ritenga opportuna, e di conseguenza pagare per le proprie scelte, qualora si rivelassero nocive.

Invece lo stato ci considera bambini scemi, e per giunta di sua proprietà. Di questo passo diverremo tutti sanissimi e con prospettive di vita lunghissime, ma schiavi.

sabato 21 marzo 2009

Chissà come fanno a Houston...

Aria di elezioni in molti comuni e in quelli più piccoli gli unici momenti di "divertimento" in consiglio comunale sono l'approvazione del bilancio, ed il Piano Regolatore.
Il P.R è la legge comunale che determina le possibilità di sviluppo territoriale, definendo le zone costruibili dalle zone di uso agricolo, le zone residenziali dalle zone commerciali o industriali. In più definisce anche i limiti di costruzione degli edifici (ad esempio, l'altezza massima).
Di conseguenza, chi non si attiene alle regole del P.R viene considerato un "abusivo". Quindi, tecnicamente, la costruzione abusiva verrà abbattuta. Praticamente invece basta pagare una sanzione e la costruzione può rimanere in piedi, il cosiddetto condono.
Ovviamente la considerazione di terreno edificabile aumenta il valore di esso; un terreno non edificabile ha un valore inferiore. Ed è semplice notare come il diritto di trasformare l'utilizzo di un terreno spetti al consiglio comunale, quindi è facile immaginare quale sia una possibile conseguenza : la corruzione dei politici da parte dei proprietari terrieri.
Una soluzione? L'abolizione dei piani regolatori; in questo modo non ci sarebbero più distinzioni tra i terreni. A tutto vantaggio per chi deve costruire (o di chi deve comprare) in quanto si avrebbe un aumento dell'offerta, che comporterebbe la diminuzione del prezzo dei terreni edificabili, che comporterebbero anche una diminuzione del prezzo dell'opera finita. Se porta del bene a tutti l'assenza del P.R , come mai è ancora presente? In quanto le realtà politiche locali perderebbero un utile strumento di controllo sui cittadini, e un efficace sistema di acquisto voti. Colpiti sarebbero anche i possessori di terreni edificabili, che vedrebbero i valore dei propri terreni crollare con l'aumento dell'offerta.

Ma il P.R non delimita solo quali siano i terreni edificabili o meno; esso gestisce anche la tipologia di costruzione, distinguendo tra zone residenziali, zone commerciali e zone industriali, e stabilendo anche delle limitazioni sulle nuovo costruzioni.
In assenza del P.R questi limiti verrebbero meno, e come sostengono i difensori del P.R si finirebbe in un sistema di anarchia edilizia, con industrie vicino a scuole, edifici storici adibiti a laboratori industriali, palazzi da quindici piani vicino a villette monofamiliari. Tutto questo potrebbe succedere, è vero, ma non è certo, in quanto chi volesse aprire un impianto' industriale difficilmente gradirebbe una sistemazione nel centro del paese (o della città), sarebbe maggiormente orientato a zone periferiche possibilmente vicino alle uscite autostradali e con grandi strade dove i Tir non avrebbero difficoltà di movimento. Le zone commerciali crescerebbero dove le possibilità di far affari sono maggiori, così come i locali notturni. Il tutto senza bisogno di normative comunali.

Come esempio si veda la città di Houston, nel Texas. Due milioni di abitanti e nessun piano regolatore. Sembra che sopravvivano benissimo.

martedì 17 marzo 2009

Yes we can.... use your money. And nevermind if you disagree. That is socialism.


Neanche due mesi di presidenza e già un sacco di danni. Tra gli ultimi affari di Mr."We Can" l'abolizione della "Mexico City Policy", introdotta da Reagan nel 1984, già abrogata da Clinton nel 1993 e ripristinata da Bush nel 2001. Ma cos'è la ""Mexico City Policy"? In sostanza proibisce la concessione di fondi federali americani alle associazioni non governative che si occupano di pianificazione familiare. C'è chi vede in questa legge una "base" cattolico-moralista, ignorando la natura liberista della riforma di Reagan. Senza nulla togliere all'opera delle ONG che si occupano di pianificazione famigliare, mi sembra errato e immorale che i fondi pubblici, cioè provenienti dalle tasche dei contribuenti, finiscano ad associazioni che si occupano di ambiti molto delicati per la sensibilità umana*. In parole povere, mi sembra errato perchè parte di quei fondi sono soldi di contribuenti che magari sono contrari a finanziare le sopracitate ONG. E ben poco importa se la maggioranza è d'accordo con il presidente. La minoranza (conservatrice e religiosa in questo caso, ma questo non ha nessuna importanza) non ha nessun diritto?

Secondo questa teoria, le ONG sarebbero destinate a vita breve, senza fondi. Ma questo non è vero. Il buon progressista potrebbe finanziarle privatamente, eludendo il buco nero che è la burocrazia statale. Il buon conservatore-cattolico è libero di non finanziarle, e magari finanziare un ONG "avversaria".
Parafrasando Friedman "Se la maggioranza ritiene giusto finanziare le ONG, il politico avrà interesse a farlo. Ma in questo caso il politico non è necessario: qualche anima buona darà comunque soldi alle associazioni. Se invece la maggioranza è contraria a finanziarle, qualche anima buona nella minoranza potrebbe ancora farlo, ma il politico non lo farà."


*a dire la verità, trovo errato l'intero meccanismo di fondo della tassazione e di conseguenza di qualsiasi utilizzo di fondi pubblici.

domenica 15 marzo 2009

About libertiamo


"Alle culture politiche liberali e conservatrici, nell’ultimi quarto del secolo scorso, è spettato di riscrivere l’agenda ideale e progettuale dell’Occidente, riaffermandone con successo il peso e il ruolo sul piano internazionale.
In Italia, come nel resto d’Europa, le forze politiche che difendono gli ideali della società aperta e delle libertà civili ed economiche sono chiamate ad una sfida analoga: dimostrare una rinnovata capacità di innovazione e di spinta, dinanzi a fattori di crisi e di crescita che mutano la realtà del mondo e gli stessi compiti della politica.
Il rapporto tra cittadino e stato, tra mercato e regolazione, tra diritto e autorità, tra “libertà” e “potere” assume oggi, per molti aspetti, un profilo inedito, ma conserva un’indubbia centralità in una realtà politica in cui la dimensione e la profondità dei cambiamenti suscita sentimenti diffusi di incertezza e di paura.
Continuiamo a ritenere che la crescita economica e civile di un paese imponga politiche in cui gli obiettivi di coesione, stabilità e sicurezza non sacrifichino le esigenze di libertà e di iniziativa individuale. Pensiamo dunque che la cultura liberale e liberista, individualista e antistatalista debba, anche cercando vie inedite, competere sul mercato delle idee e delle proposte politiche, offrendo soluzioni coraggiose, pragmatiche e responsabili.
A questa cultura Libertiamo intende dare voce, rappresentando una “polarità liberale” nella discussione politica, anche con questo magazine on line, che è ovviamente aperto ai contributi di quanti ne condividono l’ispirazione e la linea editoriale."

Benedetto Della Vedova

Presidente di Libertiamo

In una situazione politica ed economica paradossale, dove una crisi causata da errori dello statalismo vien combattuta con iniezioni di statalismo, per fortuna nasce una nuova realtà che cerca di formare una "polarità liberale" all'interno del PDL ormai in mano a collettivisti, socialisti, democristiani tutta gente alquanto refrattaria al "meno stato e più mercato". Quindi ben venga "Libertiamo" voluto dal Benedetto Della Vedova già presidente dei Riformatori Liberali.

E ben venga anche la locazione, all'interno del PDL. Ben venga perché non c'è nessun altro posto per i "Lib". Tecnicamente esiste in Italia un partito liberale; praticamente si tratta di un partito in piena crisi di identità, che non ha ancora capito in che direzione muoversi. La presenza della cultura liberale all'interno del PD...praticamente un ossimoro.

Sarebbe bello che esistesse in Italia un unico partito liberale che riunisse tutti i "Lib", ma purtroppo la "realpolitik" italiana ha un altra forma, e per il momento credo sia meglio essere "alleati di" che "non pervenuti".



sabato 14 marzo 2009

Per fortuna c'è ancora qualcuno di saggio


«Berlusconi - aggiunge - ha sempre vinto le elezioni con slogan liberali, la parola libertà è quella che usa di più». Ma, a suo avviso, ora il Pdl «somiglia al colbertismo, al fascismo, al socialismo, ma non è liberalismo». Martino sottolinea come l'unica chiave per uscire dalla crisi che è stata «un fallimento dello statalismo e non del mercato» sia una iniezione di liberalismo. Ma, sottolinea come in questo momento si stia andando in direzione opposta: «Vedrete - ironizza - che cercheranno di resuscitare anche Marx...». Qualcuno dal pubblico sottolinea come «Tremonti ci ha già provato». Martino sorride e prosegue: «Per favore non parliamo di cose tristi...».

mercoledì 11 marzo 2009

Elogio al Fumatore

Oggi sono venuto a conoscenza della morte di Gian Turci, co-fondatore di Forces Italy, organizzazione che si batte contro il "politicamente corretto" della salute.

Per mio sommo dispiacere non ho mai conosciuto il signor Turci di persona, ma solo attraverso le parole di libertà dei suoi articoli.

Articoli geniali, spesso ironici e divertenti da leggere, sempre pronti a combattere lo "Stato Mamma" che decide cosa fa bene e cosa non fa bene", tutto a discapito della nostra libertà.

E a tutti coloro che sono contenti delle norme anti-fumo (esempio lampante il divieto di fumare nei locali/ristoranti/bar... ma di ciò parlerò un altra volta) vorrei soltanto ricordare che i primi ad utilizzare politiche salutiste contro il fumo furono i nazisti...

sabato 7 marzo 2009

Come il proibizionismo genera la malavita


Il 16 gennaio 1919 il Governo degli Stati Uniti ratifica il XVIII emendamento, una legge per cui "viene vietata la produzione, la vendita e il trasporto di alcolici", per contrastare la presenza di disordini sociali legati al consumo di Alcol. Questa decisione governativa incontra il dissenso della società americana, la quale non smette di consumare bevande alcoliche, ritrovandosi in appositi bar clandestini. Considerando che era vietato trasportare e commerciare le bevande alcoliche, non saranno più gli “onesti” cittadini a occuparsi di questo mercato, che porterà alla nascita del Gangsterismo basato su metodi operativi violenti. Per fortuna dei cittadini americani, il 5 dicembre 1933 il governo ratifica il XXI emendamento, ponendo fine ai divieti sugli alcolici.
Tornando ai giorni nostri, bisogna riflettere su cosa comporta il proibizionismo vigente in materia di droghe e prostituzione. Il divieto riguardante in Italia della produzione, traffico,detenzione illecita ed uso di sostanze stupefacenti è regolamentato da “legge Fini - Giovanardi” che porta sanzioni penali per il produttore, per il venditore, ed infine per il consumatore. Ha portato questo sistema di repressione all’annullamento del consumo di droga? No. Ha portato un vantaggio ad associazioni malavitose? Certamente. Come nell’esempio dell’alcol negli Stati Uniti degli anni ‘’20, laddove il legislatore impedisce il libero commercio di determinati prodotti, questo mercato passa nelle mani di attività illegali. A tutto discapito dei consumatori. La produzione e il commercio di una partita di eroina (per fare un esempio pratico) di ottima qualità (e di conseguenza potenzialmente meno nociva per il consumatore) fa correre lo stesso pericolo nella vendita di una partita potenzialmente pericolosa (magari “tagliata” con sostanze velenose) per la vita dei consumatori; e magari la produzione di una partita “cattiva” è meno costosa della produzione di una partita “buona”. In questo caso, il prodotto può decidere di massimizzare il profitto, magari a costo di qualche vita umana, tanto in ogni caso si tratta di un’attività illegale. Guardando l’aspetto sotto un altro punto, il proibizionismo in materia di droga pone questo mercato in mano, se no ad un monopolio, ad un’oligarchia, la quale è ben felice di mantenere i prezzi più alti di quelli che si avrebbero in un mercato libero. Quindi si potrebbe anche considerare che lo stato con la sua regolamentazione proibizionista, faccia un grande favore alle “narcomafie”, con buona pace a chi considera giuste e ineccepibili la”guerra alla droga” spesso ostentate dai nostri politicanti. Non voglio certo dimenticare un altro fattore di erroneità del proibizionismo: esso genera negli individui, spesso tra i più giovani il desiderio di fare qualcosa di illegale, iniziando il consumo di droghe.
Con una politica sulle droghe completamente deregolamentata, qualsiasi onesto cittadino potrebbe aprire un’attività commerciale dedita alla vendita di sostanze stupefacenti, e verrebbe a meno la presenza di partite “cattive”, poiché sarebbe una pessima mossa commerciale, con conseguente perdita di mercato. La merce avrebbe un prezzo deciso dal mercato libero, e i tossicodipendenti sarebbero meno esposti a malattie ed all’allontanamento dalla società. Senza contare che la mafia si vedrebbe togliere dalle mani il monopolio di un mercato redditizio.
Chiunque prima di me ha tentato di esporre queste teorie si è sentito rispondere che così si rovina la vita della gente, perché la droga “rovina” i consumatori. Non potendo negare ciò, è dovere ribattere che la vita appartiene all’individuo, e partendo da ciò sentenziare che nessuno può intromettersi nelle decisioni prese da un cittadino consapevole, (citando J.S Mill “Over himself, over his own body and mind, the individual is sovereign”), quali possono essere il consumo di sostanze stupefacenti.
Passando ora alla questione della prostituzione, in Italia è ancora in funzione la cosiddetta “legge Merlin”, che punisce la prostituzione organizzata, impedendo lo sfruttamento (lenocinio: sfruttare la prostituzione per ottenere un vantaggio). Perdi più ora è considerato reato anche l’essere consumatore dei servizi, negando al privato il diritto all’ottenere pagando ciò che vuole. E come per il mercato della droga, anche in questo caso lo stato ha spianato la strada alla criminalità, la quale ora garantisce un discreto mercato di prostitute sull’intero territorio nazionale, utilizzando spesso metodi cruenti nei confronti delle “lavoratrici”. In un sistema deregolamentato, qualunque privato cittadino può divenire imprenditore della prostituzione, e le prostitute potrebbero accordarsi con il datore di lavoro firmando contratti che portano benefici ad entrambi. Il prezzo del servizio sarebbe definito dal mercato, e la qualità tenderebbe ad aumentare (esempio può essere il livello di salute delle prostitute: ci sarebbe un alto livello di salute e abbondanti precauzioni, poiché una prostituta malata non gioverebbe al nome della “casa”).
Nell’ottica statalista nella quale viviamo, lo stato ci nega il diritto di disporre come vogliano del nostro corpo, sostenendo che lo fa per il nostro bene, come se noi non fossimo capaci di decidere se va bene per noi o meno, o se vogliamo farlo anche se sappiamo che potrebbe essere nocivo.
Perché allora non ho parlato di liberalizzazione della droga, mentre ho più volte usato il termine deregolamentare ? In un sistema liberalizzato, lo stato allungherebbe le sue “lunghe mani viscide” anche su questi mercati, creando leggi e leggine che limiterebbero il libero mercato, fino a punti come il monopolio di questo mercato, ad esempio della vendita dei tabacchi. Avremo così la droga di stato, o le prostitute di stato, dove i burocrati avrebbero la possibilità di definire il prezzo delle prestazioni, o nel caso delle droghe, il prezzo delle dosi.
Mi trovo anche in disaccordo con gran parte degli anti-proibizionisti sull’istituzione delle “sale del buco”, appositi luoghi dove i tossicodipendenti potrebbero rifornirsi di siringhe pulite e godere di un appoggio sanitario. Il mio disaccordo nasce dalla natura pubblica di questi luoghi, e di conseguenza finanziati con il soldi dei contribuenti. Ma se i contribuenti (anche solo pochi) non fossero d’accordo con quest’idea? Perché fomentare la teoria (ed ormai pratica) dello stato paterno, che ci aiuta anche nel nostro consumo di sostanze stupefacenti? Visto che è una nostra libera scelta, il resto dei contribuenti non deve pagare per un nostro vizio. Libera iniziativa invece per le associazioni che si occupano di aiuti ai bisognosi se è loro intenzione aprire le “Sale del buco” finanziate da privati, come possono essere le Case Farmaceutiche o la beneficenza dei contribuenti.
In conclusione una sintesi del perché il mercato delle droghe e della prostituzione devo tornare al libero mercato :

  • Nonostante i divieti di un crescente stato di polizia, i consumatori dei sopracitati prodotti non mancano.
  • Impedendo una gestione del libero mercato, questi prodotti diventano monopoli di associazioni criminali, garantendo elevati profitti utili a curare interesse in altri ambiti, come la vita politica del paese.
  • Il livello di qualità aumenterebbe, evitando i rischi che ora si corrono
  • Si tratta di ambiti dove la scelta di usufruire di questi prodotti appartiene all’individuo, e il divieto da parte statale non è altro che una limitazione delle libertà personali.