sabato 7 marzo 2009

Come il proibizionismo genera la malavita


Il 16 gennaio 1919 il Governo degli Stati Uniti ratifica il XVIII emendamento, una legge per cui "viene vietata la produzione, la vendita e il trasporto di alcolici", per contrastare la presenza di disordini sociali legati al consumo di Alcol. Questa decisione governativa incontra il dissenso della società americana, la quale non smette di consumare bevande alcoliche, ritrovandosi in appositi bar clandestini. Considerando che era vietato trasportare e commerciare le bevande alcoliche, non saranno più gli “onesti” cittadini a occuparsi di questo mercato, che porterà alla nascita del Gangsterismo basato su metodi operativi violenti. Per fortuna dei cittadini americani, il 5 dicembre 1933 il governo ratifica il XXI emendamento, ponendo fine ai divieti sugli alcolici.
Tornando ai giorni nostri, bisogna riflettere su cosa comporta il proibizionismo vigente in materia di droghe e prostituzione. Il divieto riguardante in Italia della produzione, traffico,detenzione illecita ed uso di sostanze stupefacenti è regolamentato da “legge Fini - Giovanardi” che porta sanzioni penali per il produttore, per il venditore, ed infine per il consumatore. Ha portato questo sistema di repressione all’annullamento del consumo di droga? No. Ha portato un vantaggio ad associazioni malavitose? Certamente. Come nell’esempio dell’alcol negli Stati Uniti degli anni ‘’20, laddove il legislatore impedisce il libero commercio di determinati prodotti, questo mercato passa nelle mani di attività illegali. A tutto discapito dei consumatori. La produzione e il commercio di una partita di eroina (per fare un esempio pratico) di ottima qualità (e di conseguenza potenzialmente meno nociva per il consumatore) fa correre lo stesso pericolo nella vendita di una partita potenzialmente pericolosa (magari “tagliata” con sostanze velenose) per la vita dei consumatori; e magari la produzione di una partita “cattiva” è meno costosa della produzione di una partita “buona”. In questo caso, il prodotto può decidere di massimizzare il profitto, magari a costo di qualche vita umana, tanto in ogni caso si tratta di un’attività illegale. Guardando l’aspetto sotto un altro punto, il proibizionismo in materia di droga pone questo mercato in mano, se no ad un monopolio, ad un’oligarchia, la quale è ben felice di mantenere i prezzi più alti di quelli che si avrebbero in un mercato libero. Quindi si potrebbe anche considerare che lo stato con la sua regolamentazione proibizionista, faccia un grande favore alle “narcomafie”, con buona pace a chi considera giuste e ineccepibili la”guerra alla droga” spesso ostentate dai nostri politicanti. Non voglio certo dimenticare un altro fattore di erroneità del proibizionismo: esso genera negli individui, spesso tra i più giovani il desiderio di fare qualcosa di illegale, iniziando il consumo di droghe.
Con una politica sulle droghe completamente deregolamentata, qualsiasi onesto cittadino potrebbe aprire un’attività commerciale dedita alla vendita di sostanze stupefacenti, e verrebbe a meno la presenza di partite “cattive”, poiché sarebbe una pessima mossa commerciale, con conseguente perdita di mercato. La merce avrebbe un prezzo deciso dal mercato libero, e i tossicodipendenti sarebbero meno esposti a malattie ed all’allontanamento dalla società. Senza contare che la mafia si vedrebbe togliere dalle mani il monopolio di un mercato redditizio.
Chiunque prima di me ha tentato di esporre queste teorie si è sentito rispondere che così si rovina la vita della gente, perché la droga “rovina” i consumatori. Non potendo negare ciò, è dovere ribattere che la vita appartiene all’individuo, e partendo da ciò sentenziare che nessuno può intromettersi nelle decisioni prese da un cittadino consapevole, (citando J.S Mill “Over himself, over his own body and mind, the individual is sovereign”), quali possono essere il consumo di sostanze stupefacenti.
Passando ora alla questione della prostituzione, in Italia è ancora in funzione la cosiddetta “legge Merlin”, che punisce la prostituzione organizzata, impedendo lo sfruttamento (lenocinio: sfruttare la prostituzione per ottenere un vantaggio). Perdi più ora è considerato reato anche l’essere consumatore dei servizi, negando al privato il diritto all’ottenere pagando ciò che vuole. E come per il mercato della droga, anche in questo caso lo stato ha spianato la strada alla criminalità, la quale ora garantisce un discreto mercato di prostitute sull’intero territorio nazionale, utilizzando spesso metodi cruenti nei confronti delle “lavoratrici”. In un sistema deregolamentato, qualunque privato cittadino può divenire imprenditore della prostituzione, e le prostitute potrebbero accordarsi con il datore di lavoro firmando contratti che portano benefici ad entrambi. Il prezzo del servizio sarebbe definito dal mercato, e la qualità tenderebbe ad aumentare (esempio può essere il livello di salute delle prostitute: ci sarebbe un alto livello di salute e abbondanti precauzioni, poiché una prostituta malata non gioverebbe al nome della “casa”).
Nell’ottica statalista nella quale viviamo, lo stato ci nega il diritto di disporre come vogliano del nostro corpo, sostenendo che lo fa per il nostro bene, come se noi non fossimo capaci di decidere se va bene per noi o meno, o se vogliamo farlo anche se sappiamo che potrebbe essere nocivo.
Perché allora non ho parlato di liberalizzazione della droga, mentre ho più volte usato il termine deregolamentare ? In un sistema liberalizzato, lo stato allungherebbe le sue “lunghe mani viscide” anche su questi mercati, creando leggi e leggine che limiterebbero il libero mercato, fino a punti come il monopolio di questo mercato, ad esempio della vendita dei tabacchi. Avremo così la droga di stato, o le prostitute di stato, dove i burocrati avrebbero la possibilità di definire il prezzo delle prestazioni, o nel caso delle droghe, il prezzo delle dosi.
Mi trovo anche in disaccordo con gran parte degli anti-proibizionisti sull’istituzione delle “sale del buco”, appositi luoghi dove i tossicodipendenti potrebbero rifornirsi di siringhe pulite e godere di un appoggio sanitario. Il mio disaccordo nasce dalla natura pubblica di questi luoghi, e di conseguenza finanziati con il soldi dei contribuenti. Ma se i contribuenti (anche solo pochi) non fossero d’accordo con quest’idea? Perché fomentare la teoria (ed ormai pratica) dello stato paterno, che ci aiuta anche nel nostro consumo di sostanze stupefacenti? Visto che è una nostra libera scelta, il resto dei contribuenti non deve pagare per un nostro vizio. Libera iniziativa invece per le associazioni che si occupano di aiuti ai bisognosi se è loro intenzione aprire le “Sale del buco” finanziate da privati, come possono essere le Case Farmaceutiche o la beneficenza dei contribuenti.
In conclusione una sintesi del perché il mercato delle droghe e della prostituzione devo tornare al libero mercato :

  • Nonostante i divieti di un crescente stato di polizia, i consumatori dei sopracitati prodotti non mancano.
  • Impedendo una gestione del libero mercato, questi prodotti diventano monopoli di associazioni criminali, garantendo elevati profitti utili a curare interesse in altri ambiti, come la vita politica del paese.
  • Il livello di qualità aumenterebbe, evitando i rischi che ora si corrono
  • Si tratta di ambiti dove la scelta di usufruire di questi prodotti appartiene all’individuo, e il divieto da parte statale non è altro che una limitazione delle libertà personali.

3 commenti:

  1. è un piacere leggere questo blog, un caro saluto left-libertarian

    RispondiElimina
  2. rileggo ora quasi per caso questo tua ottima analisi, che mi pare talmente ovvia e ineccepibile che viene da chiedersi come mai non lo sia per tutti quanti ... sono io che non capisco?
    comunque ne approfitto per ringraziarti del commento lasciato sul mio blog a cui risponderò presto
    un saluto

    RispondiElimina
  3. @ Alexandro :
    guarda, anche io per anni mi son chiesto perché il 70% della popolazione non capisse un ragionamento lineare quale Lotta alla Droga---> danni maggiori per tutti. Molto spesso la motivante è "io sono contro, quindi dobbiamo vietarlo", che può derivare da diverse correnti di pensiero. Che non ho nessuna intenzione di star qui a scrivere, magari ci salta fuori in post.
    Attendo la risposta al mio commento al tuo post

    RispondiElimina

Liberi di commentare, ma se ritengo che si tratti di spam o altri fastidi, sono libero di cancellare. Non ti sta bene? Me ne batto l'anima...